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Parco Archeominerario di Cabernardi

Sassoferrato, viaggio in una storia senza tempo.

LA STORIA

La storia del bacino minerario di Cabernardi, piccolo centro del Comune di Sassoferrato, è legata al bacino solfifero marchigiano-romagnolo che univa sotto gli stessi destini ed anche, spesso, sotto la stessa gestione, le miniere di San Lorenzo in Solfinelli di Urbino, Formignano di Cesena e Perticara di Novafeltria.

Lo sfruttamento della miniera di Cabernardi ha inizio intorno alla metà degli anni 1870. Il 9 luglio 1877 si ebbe la dichiarazione di scoperta e cedibilità di un giacimento di zolfo nell'area di Percozzone. Il 6 giugno 1878, fu data concessione per un'attività estrattiva ad una Società di proprietà dei sig. Francesco Armando Buhl, Eugenio Buhl e Andrea Federico Deinhard. Nel 1899 la Miniera di Cabernardi fu acquistata dalla Ditta Trezza-Albani. Il passaggio di proprietà implicò anche un aumento dei lavoratori che da 200 raggiunsero le 300 unità, nel 1904. Nel 1917 la Miniera venne ceduta alla Montecatini Società Generale per l'Industria Mineraria. Nel 1920 il numero dei lavoratori raggiunse il record di 840 dipendenti. Nello stesso anno iniziarono gli scioperi, che si protrassero anche l'anno successivo, finalizzati all'abolizione di una riduzione dell'indennità caro-viveri.

Per anni la miniera ha fatto da traino all’economia locale, fino ad ampliare l' areale e ad espandersi fino al Sud della Provincia di Pesaro e Urbino, attirando anche manodopera e tecnici da tutta Italia.

Nei mesi iniziali del 1952 la manodopera occupata era di circa 1.400 operai con una produzione media di 870 tonnellate di minerale. Il rapporto della Società Montecatini del 6 maggio 1952 riporta che l'area mineraria risultava essere in via di rapido esaurimento prospettando una riduzione della produzione e quindi della manodopera; l'optimum sembrava essere un quantitativo di 400-500 tonnellate giornaliere, che implicava un totale di operai variabile da 665 a 817 persone rispettivamente. Ciò significava dunque una drastica riduzione di oltre la metà del personale impiegato. Il 28 maggio del 1952, alle ore 22.00, un vagoncino che trasportava materiale di zolfo con la scritta “Coppi maglia gialla” diede il via ad una drammatica occupazione della miniera  che si protrasse fino al 5 luglio passando alla storia come la lotta de "I Sepolti Vivi” il cui epilogo fu comunque la chiusura della miniera, il licenziamento degli occupanti ed il trasferimento in altre miniere degli altri minatori negli stabilimenti di Pontelagoscuro, in Toscana, Sicilia e Trentino. Un'altra parte invece migrò in Belgio o in alte miniere all’estero.

Sulla vicenda ebbe a scrivere Gianni Rodari, che coniò, appunto, l’espressione “I Sepolti Vivi” in un articolo in riferimento alle lotte per il lavoro dei minatori di Cabernardi e Gillo Pontecorvo dedicò all’eccezionale vicenda il documentario “Pane e Zolfo”. Nel 2019 è stato pubblicato un volume graphic novel dedicato proprio al reportage di Rodari.

IL PARCO

Il 5 luglio 2015, terminati i lavori di recupero effettuati grazie anche al finanziamento del Parco Museo Minerario delle miniere dello zolfo di Marche ed Emilia-Romagna con fondi del Ministero dell’Ambiente, la Miniera di Zolfo di Cabernardi è stata inaugurata svelando una suggestiva struttura museale a cielo aperto che si estende su una superficie di circa due ettari in un bellissimo contesto paesaggistico rinaturalizzato dopo la chiusura delle attività fortemente inquinanti. Grazie ad un minuzioso e complesso intervento parte dei manufatti che ne costituivano il nucleo operativo sono ora nuovamente visibili.

Durante la visita è possibile ammirare l’imponente pozzo “Donegani” da cui si calavano i minatori per accedere nelle estese e profonde gallerie scavate nel sottosuolo, la centrale termica e i calcaroni, delle enormi vasche con un piano fortemente inclinato, destinate al deposito del materiale grezzo estratto dal sottosuolo, da cui, attraverso l’attivazione di un processo di combustione, veniva successivamente prelevato lo zolfo in forma liquida. Visibili anche i forni “Gill”, manufatti in muratura di epoca successiva ai calcaroni, di cui avevano la stessa funzione, ma dotati di una tecnologia più avanzata. Particolarmente suggestivo anche il percorso che il visitatore si troverà ad affrontare all’interno di una galleria di collegamento tra i forni e i calcaroni. Perfettamente recuperato e percorribile il “piano inclinato”, ovvero la passerella di collegamento tra i due livelli dell’area, attraverso cui venivano sollevati e fatti transitare i vagoni carichi di materiale inerte. Un altro “gioiello” riportato alla luce è il deposito della nafta, struttura seminterrata, di forma circolare, che è stata adibita ad auditorium, più precisamente a sala polifunzionale per conferenze e incontri.

Sito appartenente al Parco Museo Minerario delle miniere dello zolfo di Marche ed Emilia-Romagna.

 

VISITE GUIDATE NEI SEGUENTI ORARI (con prenotazione obbligatoria):

NOVEMBRE - MARZO: sabato 16:00 - domenica e festivi 11:00; 16:00

APRILE - OTTOBRE: sabato 16:30; 18:00 - domenica e festivi 11:00; 16:30; 18:00. Nel mese di Agosto anche i giorni feriali 16:30; 18:00

L'orario dell'appuntamento nel biglietto integrato si riferisce alla visita guidata del Parco Archeominerario. Per la visita estiva delle 18.00 consigliamo al visitatore di vedere il Museo Comunale della Miniera prima della visita guidata, in quanto alle 19:00 chiude.